sabato 25 ottobre 2008

SPARIAMO AL SILENZIO




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Goebbels, il fidatissimo ministro di Hitler “per l’educazione popolare e la propaganda”, diceva che ogni qualvolta udiva pronunciare la parola cultura sganciava la sicura della sua pistola.
Nessun regime al mondo come il nazismo denudò la natura del potere: assoluto, cieco, fagocitante, disumano.
O il potere è al servizio dell’uomo o è totalitarismo. Esso non si manifesta solo nei regimi ma si fa regime ogni volta che cancella una persona, la sua voce, il suo bisogno. Ogni volta che cancella la storia. Il potere è demoniaco, l’arte angelica.
Quando Alcamo era islamica si chiamava Alqamah, era ricca di moschee e mercati, la videro e descrissero Idris e Gubair. Passò il potere e cancellò la storia, quelle persone, quelle moschee, quei mercati.
Quel potere è sempre presente, non scompare mai.
In questa piazza fino a qualche decennio fa c’era la Chiesa dello Stellario: ma qualcuno ha deciso di buttarla giù. Ora c’è una banca, una ferita inguaribile.
A fianco di essa c’era una fontana con teste di leone di Gagini. Un altro ha ordinato di demolirla. Ora ci sono i cessi pubblici.
C’era la chiesa di Maria Odigitria vicino la piazza. E’ sparita.
Piazza Ciullo, il corso VI aprile, la via Barone di San Giuseppe erano lastricati in splendidi blocchi di travertino. Ora non più.
Esisteva il teatro Ferrigno: ruspe.
Calatubo crolla non sotto il peso dell’invasione dei Vandali ma sotto i colpi dell’indifferenza vandalica delle amministrazioni comunali.
La nostra prima chiesa madre, Santa Maria della Stella, ai Cappuccini, spazio simbolico della ricristianizzazione, giace come un relitto dimenticato nel fondo dell’oceano. Eppure ha ancora un portale divino. Non interessa a nessuno.
Sul Bonifato dorme un sonno esiziale la città dei nostri antenati, sepolta dalla pineta, dall’oblio, dalle antenne televisive. Un sito archeologico gigantesco, ma nessuno batte ciglio.
Esisteva il centro storico con le case di pietra, inquacinate, con tetti di canali, portoni di legno, archi, cammarino, arcova, finestrina, basiricò, tendina, tannura, mattonelle stagnate, solaio. Testimonianza di una cultura contadina epica, millenaria. Hanno deciso che era meglio abbatterle per sostituirle con case abusive di tre piani con porte di alluminio e gusto disperato. Nessun piano regolatore, nessuna Soprintendenza, nessuno ha visto la scomparsa di una civiltà.
Ma nonostante tutto Alcamo è ancora una città d’arte. Nelle sue chiese sculture di Gagini, di Quattrocchi, di Serpotta, pitture e affreschi di Borremans, di artisti locali come Renda, arte e spiritualità.
Nella medina di viuzze del centro storico, arzigogolate e deliranti come casbe pensate da Escher, si snoda una commovente processione di edicole votive (li fiuredddi), di marinnuzze, di bambineddi, di Santi, di sacre famiglie, come segreti passaggi aperti sull’aldilà, nel buio della sera fragilmente baluginanti a fievoli lumine rossastre.
I muri alti delle vecchie chiese di antichissime pietre a secco messe da mani ignote a una a una sembrano vedere il tuo cammino di uomo, di ombra, di fantasma, sono un’illuminazione zen.
Alcamo è una città d’arte ma la sua anima è soffocata. Non esiste un museo, una pinacoteca, un’isola pedonale. Tutto immolato al culto dell’automobile.
L’arte cura, consola, guarisce. E’ cambiamento e veggenza. Solo quando ha avuto l’illuminazione dell’arte il potere è stato mecenatismo ed ha lasciato un testamento di maestranze, di visioni, di popoli.
Goebbels sganciava la sicura della sua pistola al solo suono della parola cultura.
Noi spariamo al silenzio e all’indifferenza.

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